Piccolo Dossier su Nicholas Green (versione ridotta)

Il presente brevissimo dossier e la discussione che ne accompagnerà la lettura dovrà servire come base per un elaborato di gruppo dal titolo Per questo ci chiamiamo Nicholas Green

Introduzione

Nicholas Green (9 settembre 1987 – 1º ottobre 1994) è stato un bambino statunitense. Rimase vittima di un assassinio quando aveva 7 anni e si trovava sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. L'automobile su cui viaggiava insieme ai genitori il 29 settembre 1994 fu confusa con quella di un gioielliere da alcuni rapinatori che tentarono un furto, degenerato poi in omicidio. 
Ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, Nicholas morì il 1° ottobre 1994. I genitori autorizzarono il prelievo e la donazione degli organi: ne beneficiarono sette italiani.
In seguito alla loro scelta, i genitori di Nicholas ricevettero la medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione: "Cittadini statunitensi, in Italia per una vacanza, con generoso slancio ed altissimo senso di solidarietà disponevano che gli organi del proprio figliolo, vittima di un barbaro agguato sull'autostrada Salerno - Reggio Calabria, venissero donati a giovani italiani in attesa di trapianto. Nobile esempio di umanità, di amore e di grande civiltà. Messina, 1º ottobre 1994".
Per il delitto di Nicholas Green vennero indagati e rinviati a giudizio nel 1995: Francesco Mesiano e Michele Iannello, entrambi originari di Mileto (VV). I due si sono dichiarati sempre innocenti. Iannello, ex affiliato alla 'Ndrangheta, decise in seguito di collaborare con la giustizia confessando vari delitti ma professandosi sempre innocente riguardo al delitto del bambino americano.

Doc. #1 - FAR WEST IN AUTOSTRADA, BIMBO IN COMA

Da La Repubblica del 1° ottobre 1994 [ridotto ed adattato]
MESSINA - "È grave, è in pericolo di vita", dice la dottoressa Maria Spavara dell'Istituto di Rianimazione al Policlinico di Messina. Il piccolo Nicholas William Green, statunitense, è in coma profondo. Ha sette anni, era in vacanza in Italia da due settimane, stava andando con la famiglia in Sicilia. E nella notte calda di questa tarda estate ha incontrato il suo tragico destino. Un proiettile gli si è conficcato nella testa, dal lato sinistro. È il lato da cui il rapinatore-killer, in auto con altri tre complici, giovedì sera, come su un sentiero del Far West, ha fatto fuoco per bloccare l'auto della famigliola americana che percorreva l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, tra Sant'Onofrio e Mileto, una ventina di chilometri in provincia di Vibo Valentia da sempre terra di nessuno. 
Colpito mentre dormiva sul sedile posteriore dell' auto, una Y10, accanto alla sorella Eleanor, di 10 anni, il bimbo non ha fatto un gemito. "Hanno tentato per tre volte di bloccarmi", racconta ancora terrorizzato il padre, Reginald, 65 anni, giornalista. Nessuno nell' auto, in quegli attimi concitati, si era accorto che il piccolo era stato gravemente ferito: il padre cercava solo di sfuggire al commando che dopo qualche chilometro ha rinunciato all' inseguimento; la madre, Margaret, seguiva terrorizzata quello che stava accadendo. 
Solo quando hanno incontrato una pattuglia di polizia, fermandosi per denunciare la tentata rapina, i Green si sono accorti che Nicholas era ferito. Da quel momento è scattata una corsa contro il tempo. Prima il ricovero a Polistena (RC), poi nella notte al policlinico di Messina. Ma il neurochirurgo infantile, il professor Emanuele Cardia, non ha potuto muovere un dito. Il proiettile, frammentato in tante schegge, ha provocato lesioni cerebrali devastanti. Nicholas è inoperabile. 
Il piccolo respira con l' aiuto delle macchine, il suo cuore batte ancora forte, ma la speranza che ce la possa fare è molto esile, quasi nulla. 
I Green appaiono quindi rassegnati. "Lo abbiamo spiegato a Eleanor", dice Reginald Green indicando la bambina, col vestitino di velluto rosso, intenta a mangiare un gelato, "glielo abbiamo detto che forse Nicholas non ce la farà, che dovrà andare a far visita a Dio e non giocherà più con lei". 
"Il vostro Paese non è responsabile di quello che è accaduto, non è colpa di voi italiani", riesce a dire Reginald Green. 
Il sanguinoso assalto dell' autostrada ha fatto scattare subito una maxicaccia ai rapinatori. [...] 
dal nostro inviato PANTALEONE SERGI

Doc. #2 - Lettera del padre di Nicholas in occasione del ventennale della morte

Domenica 13 settembre 2014 – Parco Nicholas Green, Bologna 
Una sera di poco tempo fa ricevetti un messaggio nel quale mi si chiedeva se, nel corso di una prossima mia visita in Italia, avrei accettato l’ invito di venire a Bologna (c’ero già stato nel 2008 per l’ inaugurazione del parco intitolato a Nicholas) per commemorare il ventesimo anniversario della sua morte. Ho apprezzato particolarmente che la proposta arrivasse da persone che hanno dedicato parte della loro vita ad aiutare gli altri diffondendo la cultura della donazione di organi e tessuti. Ci sono in tutta Italia opere che ricordano Nicholas, tutto questo per un bambino a cui non era stato ancora insegnato a leggere in corsivo. Forse questo è il parco più grande a lui dedicato e ringrazio dal profondo del cuore tutti coloro che lo hanno reso possibile.
Nicholas amava molto il vostro paese, ne aveva visto molto ed era elettrizzato dalla storia dell’impero romano, aveva persino attraversato il Rubicone. Da quando è morto, quell’amore è stato ripagato molte volte da italiani di ogni età, ceto sociale e religione. Maggie ed io vi saremo eternamente grati per come tanti di voi hanno tenuto Nicholas nel cuore come se fosse un membro della famiglia.
Gli italiani, dopo il fatto, hanno immediatamente incanalato queste emozioni in risultati di ordine pratico, le donazioni impennarono in modo esponenziale per diversi anni fino a triplicarsi. Ovviamente, un simile incremento ebbe anche altre cause, incluse le incredibili capacità di medici e infermieri, i veloci progressi delle tecniche e della medicina, ma, soprattutto la dedizione dei professionisti sanitari e dei volontari. Il risultato? L’incremento dei tassi per la donazione fu nettamente superiore a quello di tutte le altre nazioni analoghe.
Quando Nicholas morì, i medici ci chiesero se potevamo avere l’intenzione di donare gli organi, mi ritrovai a pensare “come potrò passare tutto il resto della mia vita senza di lui, non averlo più seduto sulle mie ginocchia per leggergli una storia, non sentirgli più dire buonanotte papà” eppure, nel più disperato dei momenti, Maggie mi disse pacatamente: “ora se ne è andato, non credi che dovremmo accettare quanto proposto dai medici?”, dissi di sì e fu tutto. Per la prima volta, dal momento nel quale mi ero reso conto che era stato colpito da un proiettile, c’era qualcosa di buono che poteva venire fuori da un assurdo gesto criminale.
Ogni anno, migliaia di famiglie prendono la stessa decisione e il loro dolore è simile al nostro. Altre non lo fanno e la loro riluttanza è comprensibile, non si è preparati a questo, si arriva in ospedale e ci si trova di fronte ad una persona ormai morente, tenuta in vita solamente da una macchina. Accade che molti dicano di no, non vogliono che il corpo del loro famigliare sia violato. Rifiutano perché sconvolti da quanto è accaduto, la vedono come una volgare intrusione nei momenti più sacri. Spesso, penso come forse molti casi del genere non accadrebbero se avessero avuto in precedenza dettagliate informazioni sull’argomento, ad esempio la sostanziale differenza che esiste fra il coma e la morte cerebrale.
Solo voi potete prendere una simile decisione, ma so una cosa; venti anni dopo, quando penso ai sette riceventi di Nicholas che lavorano, hanno figli propri, si godono le vacanze e si preoccupano di tutte le piccole e grandi cose di cui tutti noi ci preoccupiamo, il tempo, il denaro, i problemi famigliari. Sapendo che due di loro sarebbero ciechi e la maggior parte degli altri, se non tutti, sarebbero morti, so di certo che se io e Maggie avessimo preso una diversa decisione, non saremmo riusciti a guardarci indietro senza un profondo senso di vergogna per aver voltato loro le spalle.
Mi auguro che nessuno debba affrontare un momento del genere, ma se dovesse accadere, spero che la storia di Nicholas possa contribuire a considerare, quando la morte è un concetto ancora molto distante, a quello che potreste fare, come disse un filosofo dell’antica Grecia “siamo tutti con i piedi nel fango, ma possiamo tutti guardare le stelle”.

Piccolo Dossier su Nicholas Green - Prof. Stefano Maroni – a.s. 2014-2015