Un simpatico repertorio di risorse per la didattica
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Argo - Italo Svevo
Un giorno io e il padrone, dopo pranzato, si stava quieti nella nostra tana quando venne Anna ad avvisare che c’erano delle visite. Il padrone urlò non so se dal piacere o dispiacere. Lo seppi o credetti di saperlo presto. Nel dubbio m’ero messo a scodinzolargli d’intorno ed egli mi diede un calcio. Ciò mi parve ragionevolissimo perché così appena potevo sapere quale umore fosse il suo, e mi trassi in disparte.
Si andò in giardino incontro ai visitatori ed io seguii il padrone naturalmente a ragionevole distanza. Se avessi potuto anzi ne avrei dato l’avviso anche ai visitatori, ch’erano un uomo e una donna.
A mia sorpresa vedo il mio padrone correre ad incontrarli, inchinarsi e anche aprire la bocca e socchiudere gli occhi come usa sempre quando è allegro visto che non ha coda. Evidentemente il suo umore s’era voltato del tutto eppure io potevo giurare che non gli era avvenuto nulla di nuovo. Non c’era ragione di non festeggiare un mutamento tanto favorevole e mi slancio per prendere parte alla festa e ricordare al padrone che visto che m’aveva dato un calcio ora avevo bisogno di carezze. Invece mi diede un calcio anche più violento del primo e la mia sorpresa fu pari al dolore.
Lo seguii a distanza e non potevo credere alla mia sventura perché egli oramai aveva già ricominciato ad aprire la bocca e socchiudere gli occhi parlando con i visitatori. Chi non avesse ricevuto quel calcio ch’era tuttavia impossibile dimenticare avrebbe creduto che il mio padrone fosse in piena gioia e bontà. E lo seguii per parecchio tempo da lontano incapace di credere alla mia sventura. E lo guardavo a ridere a sorridere e ad inchinarsi e sempre più mi convincevo che non si trattava d’altro che di un disgraziato malinteso. Io non so vivere in collera col mio padrone, e, dopo qualche esitazione, m’arrampicai timidamente su lui per accostarmi alla parte più lieta del suo corpo, la faccia. Con un violento pugno mi rovesciò e subito dopo continuò a scodinzolare con gli altri. Ne fui abbattutissimo. Egli cambiava d’umore proprio quando io arrivavo.
Quando i due visitatori se ne andarono, io accompagnai il padrone a ragionevole distanza fino alla porta, e quando vidi chiudersi questa sui seccatori, non seppi trattenermi e ringhiai. Quella visita m’era costata troppo ed io odiavo quella gente. Il padrone subito mi si accostò ed io temendo ch’egli volesse punirmi di quella minaccia ai suoi amici mi misi con la pancia a terra per evitare di cadere se egli mi avesse picchiato. Invece furono carezze e carezze. Nessuno crederà vera questa storia; eppure io la racconto proprio come mi è successa
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1. Rispettando il punto di vista del cane Argo, il brano racconta una visita pomeridiana di alcuni ospiti a casa del padrone. Prova a riscrivere la scena cambiando il punto di vista e descrivendola con gli occhi del padrone.
“Dopo un abbondante pranzo di pesce, mi trovavo nel salottino a rilassarmi con Argo, quando entrò Anna affannata esclamando: - Ci sono visite! - ....”
2. Individua l’idea centrale che Svevo ha voluto evidenziare con questo racconto, la difficoltà di condividerla con un’altra persona e gli evenutali imprevisti che possono accadere. Spiega le tecniche utilizzate da Svevo per comunicare tale messaggio. Infine esprimi un tuo parere motivandolo.
I genitori ciechi dei figli teppisti
Bullismo, banda, branco. Tutto facile se in vocabolario si cercano categorie. Ma c’è dell’altro nell’incursione notturna di cinque ragazzotti tra i 12 e i 15 anni in una scuola divenuta sede dell’Associazione Genitori di un paese della Liguria. Un luogo d’incontro per ragazzi devastato in modo disordinato e che insieme quasi appare meticoloso: arredi, attrezzature, muri. Danni per 30 mila euro.
L’Associazione Genitori qui si dedicava ai giovanissimi. E, ironia della sorte, sono proprio i genitori dei ragazzi devastatori, turisti milanesi e genovesi, a scuotere la testa di fronte all’intervento, all’indagine, ai rilievi e alle denunce dei carabinieri: «Impossibile. Tutto sbagliato. I nostri figli non hanno fatto quello scempio. Li conosciamo bene, di sicuro meglio di voi. Non esiste.»
Non esiste? Per i militari ci sono dati oggettivi, comprese le impronte delle scarpe da tennis, rilevate una per una e già confrontate. Quando chi abita lì vicino ha sentito rumori e ha chiamato il 112, le pattuglie hanno subito identificato i giovani. Eppure la reazione innocentista e iperprotettiva è stata così immediata e intensa, seppur nel rispetto degli inquirenti, da creare sconcerto.
Il comandante della compagnia dei carabinieri, dice: «Non siamo amareggiati soltanto per il comportamento dei ragazzi, molto amaro viene dal muro eretto dai genitori. Abbiamo agito con prudenza e delicatezza, abbiamo trovato elementi perfino tra i resti degli estintori svuotati sui pavimenti. Eppure niente: noi li conosciamo e voi no. Cercate altrove.»
Per l’ufficiale e i suoi uomini un atto di vandalismo accanito – che per alcuni dei denunciati avrà seguito al tribunale per i minorenni di Genova – è diventato uno spaccato sociale, una riflessione, anche un campanello d’allarme per chi, in nome della prevenzione, frequenta le scuole proprio per portare segnali del rispetto sociale, e trova barriera nelle case.
«Una vera profanazione»
La lettura sociologica e psicologica va oltre computer, fotocopiatrici, impianto hi-fi, plafoniere, sedie rovesciati e fatti a pezzi, va oltre bestemmie e insulti svolazzanti o taglienti sui muri. Va fino alla ricerca, in internet, del dizionario dello slang giovanile. Qualcuno ha insistito nell’affidare alle pareti imbrattate la propria filosofia di vita e l’autodiagnosi neuropsichiatrica: «Io sono tecnofolle.»
Tecnofolle o, a piacere, technoleso, è in gergo colui che si è fuso il cervello, anziché con le sostanze, con la techno music, quella, per intenderci, da ascoltare ritmata senza speranza di melodie, a volume assordante per ore e ovunque.
Ci sono due diversi quaderni – per appunti, emozioni e doglianze – aperti oggi tra i muri della scuola. Uno raccoglie lo sgomento della presidente dell’Associazione Genitori, la quale, oltre a stilare l’elenco delle rovine, si lascia andare a una tristezza che vorrebbe trattenere: «Un servizio per tutti, sere e sere di lavoro per creare la sede. Ho vissuto per la
prima volta, sulla mia pelle, la concretezza della parola profanazione. E per di più compiuta
da ragazzi che vogliamo aiutare e negata dai genitori, l’altra parte che vogliamo aiutare.» Oggi sembra preveggente e improvvisamente lugubre l’idea dell’apertura di uno sportello con uno psicologo per le consulenze familiari.
Proprio questo è l’altro quaderno, quello psicologico e sconcertato, che rifiuta d’arrendersi al blocco tentato dalle famiglie. Il sindaco annuncia una causa per il risarcimento dei danni. Il vicesindaco rimane stupefatto dal rifiuto dei genitori di riconoscere l’accaduto. Senza conoscere i propri figli, per quanto si possa essere in buona fede, come si fa ad aiutarli a crescere?
I carabinieri, abituati agli elementi concreti, alle prove, alle pieghe diverse con cui si entra in contatto e in confidenza con adolescenti e preadolescenti, studiano il technoleso e il bestemmiatore.Capire è di nuovo rincorrere la prevenzione: «Per noi, come per le famiglie.»
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1. Riassumi gli avvenimenti principali narrati nell’articolo.
2. Per quale ragione, a tuo avviso, i genitori hanno negato le responsabilità dei propri figli.
3. Di recente si sono moltiplicati episodi di violenza distruttiva contro cose, luoghi, a volte persone. La violenza non è solo fisica, ma spesso è anche psicologica (bullismo); esprimi le tue considerazione rispetto a tale fenomeno, arricchendo le motivazioni con opportuni esempi.